Trento
5 Novembre 2022

Una festa della Sociologia

Il direttore Sciortino: «Celebriamo i nostri primi sessant’anni ma siamo già impegnati a progettare i prossimi» il direttore Sciortino insieme al rettore Deflorian apre le celebrazioni per i 60 anni dalla prima lezione a Sociologia nel 1962. La lectio di Barbagli, la tavola rotonda presente e il futuro della Sociologia, una mostra e persino un annullo filatelico: la giornata prosegue nel Palazzo di via Verdi 26

Una festa, per la facoltà, per chi ci ha studiato e insegnato, per l’Ateneo, per la Sociologia, dato che tutto ha avuto inizio qui, a Trento. Questo lo spirito che oggi ha animato le celebrazioni organizzate dal Dipartimento Sociologia e Ricerca sociale nello storico Palazzo di via Verdi 26, per festeggiare la ricorrenza dei 60 anni dalla prima lezione tenuta nell’allora Istituto universitario superiore di Scienze sociali. Da allora si sono laureati 12.821 studenti e studentesse e a oggi il Dipartimento conta ben 1558 iscritti.

Il primo a prendere la parola dopo l’ingresso del corteo accademico è stato il rettore Flavio Deflorian: «Pochi minuti fa, salendo le scale del palazzo che ospita Sociologia, ho provato a immaginare questi spazi nell’autunno del 1962, quando l’Istituto superiore di scienze sociali aprì le porte ai primi 226 studenti e studentesse. Ho pensato a quel gruppetto di pionieri provenienti da diverse regioni italiane, desiderosi di studiare una scienza nuova e ambiziosa. Con l’avvio delle lezioni, nacque a Trento la prima facoltà italiana di Sociologia, nucleo originario della nostra futura Università. Oggi, sessant’anni dopo, celebriamo quell’evento fondativo con l’orgoglio di chi, voltandosi indietro, vede dall’alto la strada percorsa. In pochi decenni il nostro Ateneo è riuscito ad affiancare realtà accademiche ben più consolidate e definite, affermandosi come un’istituzione autorevole e dinamica a livello internazionale. Da quel novembre 1962 anche l’Istituto universitario superiore di Scienze sociali è cambiato: è cresciuto, è diventato prima Facoltà e poi Dipartimento, ha affrontato e vinto nuove sfide, restando sempre un punto di riferimento nel panorama degli studi sociali».

«Per questa occasione, vorrei recuperare, da quell’irripetibile esperienza del 1962, alcune preziose lezioni per l’Università di oggi e di domani, che sintetizzo in tre parole: visione, innovazione, conoscenza. La capacità di visione di Bruno Kessler ha saputo delineare progetti di ampio respiro, decisivi per lo sviluppo sociale ed economico di Trento e della sua provincia. L’auspicio è che il nostro Ateneo possa guardare al futuro con la visione strategica la capacità di progettare del suo fondatore, contribuendo così in modo fattivo alla crescita del territorio e della comunità. Per quanto riguarda la seconda parola – innovazione – penso a come Sociologia nel 1962 la sociologia sia stata una disciplina nuova nel panorama universitario italiano: una scommessa rischiosa che in molti considerarono rischiosa e azzardata. Mi auguro quindi che non manchino mai, all’interno del nostro Ateneo, la spinta all’innovazione e l’apertura alle novità, ingredienti fondamentali per il successo di un’istituzione universitaria».

«Infine la conoscenza. Anche oggi, come 60 anni fa, la sociologia studia la società nel suo complesso, aiutandoci a comprendere il tempo in cui viviamo. Nuovi e dirompenti cambiamenti reclamano un adeguato approfondimento da parte degli studi sociali. Penso alle implicazioni del costante invecchiamento della società, alla crisi della democrazia, dei partiti e delle istituzioni, all’importanza degli studi di genere, all’impatto delle tecnologie sull’occupazione e sulle prospettive di lavoro. Le scienze sociali computazionali, inoltre, aprono nuove e inedite prospettive di ricerca per la comprensione dei fenomeni complessi e del loro impatto sulla società. Questo patrimonio di conoscenza è indispensabile per governare i cambiamenti e compiere scelte incisive, capaci di aggiustare squilibri e rispondere alle sfide della contemporaneità».

«Sessant’anni non sono pochi», ha esordito il direttore del Dipartimento, Giuseppe Sciortino. «Basta guardare le foto della mostra che abbiamo allestito. Documentano le stesse attività che ancora oggi caratterizzano la nostra vita universitaria, come studiare, discutere, confrontarsi, anche fare festa. Ma guardare a quelle foto significa anche rendersi conto che è trascorsa un‘epoca. Ecco perché vorrei lanciare lo sguardo avanti. Se c’è un lascito che Sociologia ha passato è la capacità di guardare avanti, di innovare. Allora l’Italia sembrava destinata a essere la società senza la sociologia. Molti fattori avevano contribuito a tenerla fuori dal circuito universitario. Finché qualcosa si è mosso. Ed è interessante che questo sia avvenuto in una provincia. A Trento, un territorio a volte guardato con sufficienza. Un polo distaccato della facoltà di Agraria, o un corso di laurea in Scienze forestali sarebbe stato più opportuno secondo molte persone, anche influenti, dell’epoca. Ma Kessler andò in un’altra direzione. Si assunse un rischio di creare a Trento un corso di laurea che non esisteva. Era convinto che la modernizzazione di un territorio andava compresa per essere governata. Occorreva aprire, aprire, aprire. E in questo Sociologia poteva essere utile».

«Da allora la Sociologia si è diffusa e discende da quella esperienza. Ma a volte ciò che succede non è quello che si vuole: Sociologia è diventata qualcosa di diverso, a tratti anche ostile rispetto al territorio – ha spiegato Sciortino. Oggi a Trento Sociologia è cresciuta, è andata ben oltre le previsioni, ponendosi al centro della disciplina come punto di riferimento nazionale e internazionale. Con le sue crisi, certamente, ma sempre guardando avanti. Gli studenti e le studentesse di oggi sono eredi di questa storia. Ma portano anche una storia diversa, la loro. E anche i docenti: la maggior parte di quelli che oggi sono presenti viene da fuori e porta uno sguardo internazionale, aperto, multidisciplinare. Questa tensione a innovare si è vista e si continua a vedere. Anche nei primati: prima doppia laurea, prima laurea in inglese, prima laurea in data science e poche settimane anche un nuovo progetto presentato al ministero per potenziare le scienze sociali attraverso l’intelligenza artificiale. Non ci siamo fermati. Oggi il dipartimento adotta gli standard più alti e sperimenta il futuro, prima che sia ancora arrivato. Celebriamo i nostri primi sessant’anni ma siamo già impegnati a progettare i prossimi».

Alcuni degli studenti di quegli anni, erano oggi presenti in aula Kessler. «Molti di loro – ha sottolineato il direttore Sciortino – non hanno dimenticato la loro appartenenza, sono rimasti vicini alla loro facoltà e di fatto sono il primo nucleo di quelli che oggi chiamiamo alumni». In loro rappresentanza preso la parola Fabrizio Ferrari, presidente dell’Associazione che oggi li raccoglie e che ha voluto portare i saluti di uno dei fondatori di Franco Ferrarotti. «Sessant’anni di storia e impegno sono trascorsi e Sociologia ha prodotto alcuni personaggi che sono nella storia del nostro paese, come Rostagno, Bernardi o Braga. Nel 1968 si tenne in Francia il primo congresso mondiale di Sociologia. Lì eravamo presenti e incontrammo i grandi della sociologia mondiale. Trento entrò allora nella sociologia mondiale e ci è rimasta. Oggi l’Italia ha ancora bisogno dei sociologi e della sociologia».

Dal commissario del governo della Provincia di Trento, Gianfranco Bernabei, un augurio e saluto di buon compleanno per una facoltà che ha segnato la storia del nostro paese, un’epoca fondamentale per la politica, la società e ha formato personalità che hanno lasciato il segno.

Di una giornata di festa per l’Ateneo e per il Trentino ha parlato l’assessore provinciale all’istruzione Mirko Bisesti che ha evidenziato il forte legame che c’è tra l’Università e il Trentino e il contributo dell’Ateneo al cambiamento intervenuto in questi anni nella comunità. «L’Università – ha detto portando il saluto della Giunta provinciale – ha accompagnato la storia e l’evoluzione dell’autonomia trentina che è una storia di responsabilità. Il Trentino – ha aggiunto – ha fatto e fa un forte investimento in ricerca e formazione perché questo significa investire in sviluppo e coesione sociale, tanto più oggi, in un’epoca di grandi cambiamenti e di sfide».

Una storia lunga sessant’anni

A tenere la prima lezione fu Giorgio Braga che alle 10 del 5 novembre 1962 insegnò Sociologia a studenti e studentesse per la prima volta in Italia. Un evento che segnò un punto di avvio per lo studio delle scienze sociali. Prima e a lungo unica in Italia, la Facoltà di Sociologia di Trento ha infatti contribuito, come nessun'altra, ad affermare la sociologia in Italia, grazie anche alla formazione avanzata offerta dal 1983 dal Dottorato in Sociologia e Ricerca sociale, e ad aprire la sociologia al dialogo interdisciplinare. Una caratteristica che nel Dipartimento è stata da allora mantenuta e che costituisce un elemento ancora caratterizzante nel panorama nazionale.

Negli anni successivi a quella prima lezione la presenza di Sociologia avrebbe inaugurato una nuova stagione di cambiamento profondo anche per la città e la società trentina. Inizialmente in modo traumatico, con i tumulti del movimento studentesco. Poi con la ricucitura di un legame sempre più forte fra Trento e il suo Ateneo e con l’apertura a tante altre discipline.

Il programma del pomeriggio

La mattinata si concluderà dalle 12 con le visite guidate del Dipartimento a cura dei professori Andrea Cossu e Marta Villa dell’Università di Trento e di Katia Malatesta della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento.

Una riflessione su “Presente e futuro delle scienze sociali italiane” animerà il pomeriggio a partire dalle 15 Aula Kessler (in presenza e trasmessa anche in collegamento video). Alla tavola rotonda interverranno Maria Carmela Agodi (Associazione italiana di Sociologia), Filippo Andreatta (Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali - Bologna), Gabriele Ballarino (Società italiana di Sociologia economica), Sara Bentivegna (Società, Cultura, Comunicazione), Rita Bichi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Marco Bontempi (Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Firenze), Dora Gambardella (Dipartimento di Scienze Sociali, Federico II), Emanuela Mora (Dipartimento di Sociologia, Università Cattolica), Roberto Pedersini (Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche, Milano), Carlo Pennisi (Conferenza italiana dei sipartimenti di Area sociologica), Francesco Ramella (Dipartimento di Culture, Politica e Società, Torino), Sonia Stefanizzi (Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Milano-Bicocca).

Alle 18, sempre in Aula Kessler, concluderà la giornata l’inaugurazione della mostra fotografica "Sessanta e non sentirli" con gli interventi di Franco Marzatico, dirigente generale dell’Unità di missione strategica per la tutela e la promozione dei beni e delle attività culturali della Pat, Giuseppe Sciortino, direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale e le curatrici della mostra: Marta Villa dell’Università di Trento e Katia Malatesta dell’Archivio fotografico storico della Soprintendenza per i beni culturali Pat. L’esposizione rimarrà aperta fino all’8 aprile 2023 nella sede del Dipartimenti in via Verdi 26.

Prevista per l’occasione anche uno speciale annullo filatelico. Chi lo desidera può recarsi in Dipartimento fino alle 16 per farsi fare il timbro su una delle cartoline che sono state stampate per l’occasione.

(a.s.)

Il programma dettagliato con maggiori informazioni è disponibile all’indirizzo: https://www.unitn.it/sessanta-non-sentirli

Un approfondimento sull’evento è disponibile su UniTrentoMag, il web magazine dell’Ateneo, all’indirizzo: https://www.unitn.it/sessanta-non-sentirli