Trento
8 Febbraio 2023

Nuove scoperte sulla malattia di Kennedy

Gli studi del team di ricerca guidato da Maria Pennuto (Università di Padova e VIMM) e da Manuela Basso (Università di Trento) hanno portato a un passo avanti sui meccanismi molecolari alla base della malattia. I risultati pubblicati sulla rivista Nature Communications 

Nuovi risultati per il team di ricerca guidato da Maria Pennuto – Principal Investigator del VIMM e professoressa associata dell’Università degli studi di Padova – che da diversi anni sta investigando il coinvolgimento del muscolo scheletrico nella malattia neurodegenerativa nota come malattia di Kennedy.
Se è stato dimostrato e provato da molti studi internazionali che questa malattia - causata da una mutazione del recettore degli ormoni (androgeni) - parte da processi patologici che iniziano nel muscolo scheletrico e che causano la perdita dei neuroni che regolano il movimento volontario, sono emerse nuove evidenze da una prima ricerca dal titolo “Defective excitation-contraction coupling and mitochondrial respiration precede mitochondrial Ca2+ accumulation in spinobulbar muscular atrophy skeletal muscle”, pubblicata sulla rivista Nature Communications.
Realizzata e condotta dal team di Pennuto con Caterina Marchioretti, Giulia Zanetti e Marco Pirazzini, la ricerca dimostra che nella malattia di Kennedy ci sono alterazioni precoci della capacità dei muscoli di contrarsi e di produrre energia, che si traduce in una progressiva alterazione della capacità dei muscoli di produrre la forza necessaria a effettuare un movimento senza stancarsi precocemente.
L’altro risultato, pubblicato sempre su Nature Communications, emerge dallo studio con titolo “LSD1/PRMT6-targeting gene therapy to attenuate androgen receptor toxic gain-of-function ameliorates spinobulbar muscular atrophy phenotypes in flies and mice” – frutto del lavoro del team della Prof. Pennuto con Ramachandram Prakasam e Roberta Andreotti e di Manuela Basso con Angela Bonadiman dell’Università di Trento) – in cui si spiega che questi fenomeni sono dovuti alla presenza nel muscolo di fattori che interagiscono con la proteina mutata.
A partire da questa evidenza, il gruppo di ricerca ha generato delle piccole molecole capaci di ridurre l’espressione di quei fattori che interagiscono con la proteina mutata, dimostrando che così facendo si migliora lo stato di salute dei muscoli e dei neuroni da loro contattati.
«Le malattie neurodegenerative sono una vasta categoria di condizioni patologiche che va da disordini cognitivi a motori, e dove i sintomi clinici sono dovuti al malfunzionamento di specifiche popolazioni del sistema nervoso centrale. Ciò che è attualmente oggetto di indagine è il meccanismo, o meglio i meccanismi molecolari alla base di queste malattie – sottolinea Maria Pennuto. Un concetto che è emerso negli ultimi anni è che molto spesso le malattie neurodegenerative sono multi-sistemiche e non coinvolgono solo i neuroni, ma diversi tipi di cellule e organi oltre al sistema nervoso. Queste due ricerche ci portano un passo avanti verso la comprensione di questi meccanismi, andando a identificare nuovi target terapeutici che verranno sviluppati dai gruppi coinvolti nei prossimi anni».
«In questi anni ci siamo chieste come poter preservare la funzione fisiologica del recettore degli androgeni, eliminando quella tossica legata alla mutazione. In questo studio siamo riuscite a realizzare questo nostro obiettivo e siamo pronte a investire i prossimi anni per traslare questo nostro approccio dalla ricerca di base alla clinica» afferma Manuela Basso.
Il progetto di ricerca della prof.ssa Maria Pennuto sulla malattia di Kennedy è iniziato nel 2013, quando ha ricevuto un finanziamento di oltre 500.000 euro da parte della Provincia autonoma di Trento, nell’ambito del programma per le carriere dell’Istituto Telethon-Dulbecco (DTI), che le ha permesso di creare un gruppo di ricerca indipendente per lo studio di questa patologia.
Maria Pennuto
Maria Pennuto si è laureata con lode in Scienze biologiche nel 1996 all’Università “La Sapienza” di Roma. Nel 2000 ha ottenuto il diploma di dottore di ricerca in “Biologia cellulare (Cellulare e Molecolare)” (XIII ciclo) all’Università degli studi di Milano. Dal 2001 al 2004, ha svolto un post-dottorato nel laboratorio di Lawrence Wrabetz (San Raffaele, Milano), dove ha investigato i meccanismi molecolari alla base della malattia della mielina periferica Charcot-Marie-Tooth tipo 1B. Nel 2005 si è recata al National Institute of Neurological Disorders and Stroke (National Institutes of Health, NIH, Bethesda, MD) negli USA, dove ha svolto attività di ricerca come visiting post-dottorato nel laboratorio di Kenneth Fischbeck, investigando i meccanismi molecolari alla base delle malattie del motoneurone. Nel 2008 ha ottenuto la posizione di Staff Scientist al Dipartimento di Neurologia della University of Pennsylvania (UPenn, Philadelphia, PA USA), dove ha continuato la propria attività di ricerca sulle malattie neurodegenerative. Nel 2009 Pennuto è rientrata in Italia con una posizione di ricercatore indipendente al Dipartimento di “Neuroscience and Brain Technologies” dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Qui ha diretto l’unità di ricerca sulle basi molecolari delle malattie neuromuscolari degenerative quali SBMA e SLA. Nel 2013 ha vinto il premio alla carriera Dulbecco Telethon (DTI) e ha ottenuto una posizione di ricercatore di tipo B al Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento. Nel 2017 Maria ha ottenuto una posizione di professore associato all’Università degli Studi di Padova. A partire dal 2018 è capo unità nell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM), Padova.
Manuela Basso
Manuela Basso si è laureata con lode e dignità di stampa in Biotecnologie mediche all’Università degli studi di Torino nel 2002 con una tesi realizzata presso il Bioindustry Park del Canavese. Nel 2008 ha ottenuto il diploma di dottore di ricerca in Life Science all’università inglese The Open University e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri lavorando sulla sclerosi laterale amiotrofica. Dal 2008 al 2012 ha svolto un post-dottorato nel laboratorio di Rajiv Ratan, al Burke Neurological Institute e il Weill Medical College, Cornell University, New York. Dal 2012 al 2013 è stata promossa alla posizione di Instructor alla Cornell University dove ha studiato i meccanismi molecolari coinvolti nella morte neuronale.
Nel novembre 2013 è rientrata in Italia con chiamata diretta dall’Università di Trento e ha iniziato a dirigere il suo gruppo di ricerca. Ad oggi Manuela Basso è professoressa associata al Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (Dipartimento Cibio) dell'Ateneo.