L’Università di Trento accoglie Achille Varzi
Da oggi è professore onorario “Bruno Kessler”. Considerato una delle figure di spicco nell’ambito della filosofia analitica, Varzi ha ricevuto questa mattina il titolo onorario in una cerimonia che si è tenuta al Dipartimento di Lettere e Filosofia. Un riconoscimento al suo pensiero originale e al contributo che da anni sta dando alla formazione accademica in Filosofia nell’Ateneo trentino
Achille Varzi è professore onorario “Bruno Kessler”. dell’Università di Trento. La cerimonia di conferimento del titolo al professore – “al suo pensiero originale e al contributo che da anni sta dando alla formazione accademica in Filosofia nell’Ateneo trentino” – si è tenuta questa mattina al Dipartimento di Lettere e Filosofia. Una cerimonia ufficiale, ma anche un’occasione per ascoltare la lectio magistralis di un grande accademico e pensatore molto legato all’Università di Trento. Varzi infatti tiene regolarmente un corso di Logica e partecipa all’organizzazione di iniziative e convegni internazionali intorno al nesso tra logica e matematica. In tanti, docenti e studenti, hanno infatti voluto essere presenti al conferimento del titolo onorario, che è gli stato attribuito dal direttore del Dipartimento Fulvio Ferrari.
A descrivere l’intenso rapporto, fin dall’inizio con l’Ateneo trentino è stata Paola Giacomoni, docente di Storia della Filosofia, che ha tenuto la tradizionale laudatio, introduttiva. «La prima volta che ha messo piede dentro questo edificio alcuni studenti lo hanno riconosciuto e subito avvicinato. Gli hanno chiesto persino l’autografo, esperienza non comune per uno che si occupa di filosofia. Lì abbiamo capito che l’interesse era reciproco. Achille Varzi ha dato un contributo notevole al nuovo percorso di Logica, Teoria del linguaggio e Matematica del corso di laurea in Filosofia, nato in collaborazione col Dipartimento di Matematica. Da quando collabora con noi, abbiamo collezionato un convegno ogni anno, con ospiti internazionali di rilievo. E abbiamo cominciato a sperimentare che cosa significa pensare in negativo, tra Varzi e Descartes».
Secondo Varzi, infatti, sono le ombre, i fatti, i pianeti non scoperti a consentirci di gettare uno sguardo inedito sul mondo. Con il suo ragionamento originale spinge a riflettere sulla possibilità di stilare un inventario o un catalogo delle cose del mondo partendo da una prospettiva diversa, alternativa al ragionamento comune. «Il suo punto di vista – ha sottolineato Giacomoni riprendendo proprio questo approccio nel ragionamento – non è quello del realismo filosofico: non è nel mondo che si può trovare l’ordine; esso forse non esiste se non nelle strutture della nostra mente. Non si sottrae a nessun esperimento filosofico, dimostrando che non è impossibile fare metafisica in modo originale partendo dalle entità negative, come i buchi, o le pause, le attese, le ombre, le sviste, le omissioni, gli errori, le lacune, le mancanze, il vuoto.
Ed è questo suo modo unico di leggere la vita e la realtà che lo ha reso una tra le figure di spicco nell’ambito della filosofia analitica. Uno studioso di formazione italiana che ha avuto grande riconoscimento internazionale. Attualmente insegna Logica e Metafisica alla prestigiosa Columbia University di New York. Varzi ha iniziato la sua lectio magistralis con un pensiero indirizzato a Bruno Kessler, fondatore dell’Ateneo a cui è dedicato il titolo onorario che gli è stato conferito, ricordando il ruolo che ebbe nella sua chiamata a Trento.
«Dico subito che non parlerò di logica, di filosofia della matematica, di ontologia, e men che meno di buchi» ha esordito Varzi.« Queste sono le cose su cui si consuma la mia quotidianità, e va da sé che per me sono importantissime. Ma naturalmente sono solo alberi di una foresta ben più ampia. Anzi, sono rami di alberi, rametti di alberi giganteschi di una foresta millenaria. E in una giornata come questa forse è gusto che provi per una volta a parlare della foresta, anche a rischio di sforare rispetto alle mie – chiamiamole così – competenze». E partendo da una citazione di Seneca – «Il fatto di vivere, Lucilio mio, è un dono degli dèi immortali, il fatto di vivere bene, della filosofia. Dunque, noi dovremmo avere un debito maggiore verso la filosofia che non verso gli dèi, in quanto un’esistenza virtuosa è certamente un beneficio maggiore che l’esistenza – si è addentrato in una riflessione. «Possono sembrare parole irriverenti - ha commentato Varzi – ma, ammettiamolo, è proprio su queste parole che prima o poi ogni filosofo si ritrova a riflettere, soprattutto nei momenti di maggior debolezza. E il loro valore non risiede soltanto nell’incoraggiamento che se ne può trarre. Le parole di Seneca sono esemplari soprattutto per il richiamo a quello che, sin dall’antichità, è stato considerato uno dei compiti principali della filosofia: indicare la strada del «vivere bene». Del resto è questo che ancora oggi le chiediamo tutti. Quand’anche fosse vero che tendiamo a preoccuparci più di vivere a lungo che di vivere bene, resta il fatto che, come scriveva Seneca in un’altra epistola all’amico, «tutti possono fare in modo di vivere bene, nessuno di vivere a lungo».
Profilo di Achille Varzi
Achille Varzi si è laureato in Sociologia a Trento nel 1982 e ha conseguito un dottorato in Filosofia a Toronto (Canada) nel 1994. Dal 1989 al 1995 è stato ricercatore all’IRST di Trento. Dal 1995 insegna Logica e Metafisica alla Columbia University di New York, dove è stato anche direttore del Dipartimento di Filosofia.
Da tre anni è anche visiting professor presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia di Trento, dove tiene regolarmente un corso di Logica e partecipa all’organizzazione di iniziative e convegni internazionali intorno al nesso tra logica e matematica. È nel direttivo di diverse riviste filosofiche internazionali, come The Journal of Philosophy, ed è nel comitato editoriale di The Monist e della Stanford Encyclopedia of Philosophy, ma scrive anche rubriche su quotidiani come Il Sole 24 ore.
Ha pubblicato molti articoli sulle maggiori riviste internazionali e molte opere, a partire dal primo libro: “Buchi e altre superficialità” (1996, con Roberto Casati). Alcune sono rivolte principalmente a un pubblico accademico, tra cui: “Parts and Places. The Structures of Spatial Representation”, (1999 con Casati), sulla teoria dello spazio, le sue parti e le sue rappresentazioni, “Ontologia” (2005) in cui discute il rapporto tra ontologia e metafisica. Altre parlano a un pubblico colto più vasto, tra cui: “Semplicità insormontabili” (2004, con Casati, tradotto in molte lingue) in cui situazioni quotidiane apparentemente semplici si mostrano irrisolvibili, “Le tribolazioni del filosofare” (2014, con Claudio Calosi), poema filosofico in endecasillabi ispirato alla Commedia dantesca, sui più comuni errori dei filosofi, e anche un saggio di filosofia per bambini: “Il pianeta dove scomparivano le cose, Esercizi di immaginazione filosofica” (2006, con Casati). L’interesse per la sperimentazione filosofica su diversi piani e attraverso molteplici linguaggi è molto evidente.
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