Trento
21 Dicembre 2017

Sondare i pianeti: a lezione dai pipistrelli

Il biosonar a doppia banda di frequenza dei pipistrelli ha ispirato due ricercatori dell’Università di Trento che hanno messo a punto una nuova tecnica di elaborazione per migliorare le osservazioni geofisiche basate sull’interpretazione di immagini radar bidimensionali del sottosuolo. Con i radar “bio-ispirati” si possono estrarre informazioni più precise su composizione e struttura dei pianeti e delle loro lune. I primi test sui dati della sottosuperficie di Marte. Lo studio, tutto trentino, pubblicato oggi sulla rivista Nature Communications

È noto come la natura possa spesso ispirare i progressi della tecnologia. Più sorprendente è quando a incontrarsi sono oggetti di osservazione tanto diversi quanto misteriosi. I protagonisti di un nuovo studio dell’Università di Trento pubblicato oggi sull’importante rivista scientifica Nature Communications sono i pipistrelli e i radar per osservare i pianeti. Ciò che li accomuna è la capacità di trasmettere e decodificare segnali con grande capacità di risoluzione e dettaglio. L'ecolocalizzazione è un’abilità che nel pipistrello è frutto del processo di evoluzione della specie. Il suo biosonar, un sonar biologico usato anche da alcuni altri mammiferi come i delfini, permette infatti al pipistrello non soltanto di orientarsi nell’ambiente, ma anche di localizzare, identificare e stimare la distanza degli oggetti.
I pipistrelli emettono ultrasuoni (ovvero onde acustiche a frequenza elevata che non possono essere percepite dall’orecchio umano) nell'ambiente e ascoltano l’eco che rimbalza dai diversi oggetti. Diversamente da alcuni sonar che hanno un raggio d'azione estremamente limitato, il loro biosonar agisce su molteplici ricevitori. La posizione un po' separata degli orecchi dei pipistrelli permette loro di captare l’eco di ritorno con tempi e intensità differenti, in due bande diverse, in base alla posizione dell'oggetto che li ha generati. La stima della distanza è ottenuta misurando il tempo trascorso tra l'emissione del suono da parte dell'animale e il ritorno degli echi dall'ambiente. In questo modo l’animale percepisce più informazioni: non soltanto la direzione, ma anche ad esempio quanto grandi sono gli altri animali o di che genere di animale si tratta. Distinguere in un attimo il movimento di una foglia da quello di una preda e ridurre al minimo il tragitto per arrivare alla conquista del cibo è un vantaggio prezioso per la caccia in vari ambienti. Abilità che i sistemi artificiali più avanzati non sono stati finora in grado di eguagliare.
Al funzionamento del biosonar dei pipistrelli si sono ispirati Lorenzo Bruzzone e Leonardo Carrer (rispettivamente professore e dottorando del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell'Informazione dell’Università di Trento) per migliorare l’efficacia dei radar. «Le onde acustiche del sonar si comportano in maniera molto simile a quelle elettromagnetiche. Così abbiamo applicato l’idea della doppia banda di frequenza associata ad un’eco per migliorare la definizione delle nostre rilevazioni per studi geofisici effettuate con radar capaci di penetrare nella sottosuperficie dei corpi celesti del sistema solare», spiega Lorenzo Bruzzone, responsabile del gruppo di ricerca. «In particolare, questa doppia rilevazione è utile per distinguere in modo accurato tra i segnali provenienti dalla superficie e quelli provenienti dal sottosuolo dei pianeti e delle loro lune. Il modello matematico che abbiamo definito adatta il meccanismo sviluppato dai pipistrelli al mondo dei radar per l’esplorazione planetaria dove questa abilità viene sfruttata per identificare in modo accurato la provenienza dell’eco. Ciò permette di discernere in modo preciso gli echi provenienti dal sottosuolo dei pianeti da quelli superficiali. La conseguenza, ad esempio, è quella di migliorare la comprensione della struttura geologica dei corpi celesti nella fase di analisi dei dati. Dati che ad oggi, con gli attuali sistemi di elaborazione, sono difficili da interpretare dai geofisici a causa delle numerose incertezze e ambiguità associate alla provenienza degli echi radar misurati».
Lo studio apre nuovi scenari per l’evoluzione degli strumenti di rilevazione radar planetari. «Questa nuova tecnica di elaborazione dei segnali – spiega Bruzzone – ci consentirà di sfruttare meglio i dati radar che già esistono. Un primo test importante lo abbiamo svolto, in questo senso, sull’interpretazione dei dati sperimentali emersi dall’osservazione del pianeta Marte. Siamo stati in grado, ad esempio, di confermare in modo semplice ed automatico mediante l’impiego del modello messo a punto, i risultati ottenuti in lunghe analisi effettuate dai planetologi con l’ausilio di mappe digitali del terreno non sempre disponibili in ambito planetologico. Forti del successo di questo nuovo approccio di interpretazione dati saremo in grado di formulare linee guida per la messa a punto di sistemi radar di nuova generazione, capaci di fornire misurazioni ancora più precise e ricche di informazioni».
(a.s.)

L’articolo “Solving for Ambiguities in radar Geophysical Exploration of Planetary Bodies by Mimicking Bats Echolocation” di Leonardo Carrer e Lorenzo Bruzzone, apparso sull’ultimo numero della rivista è consultabile al link:
http://dx.doi.org/doi:10.1038/s41467-017-02334-1